Pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia l’aggiornamento dell’Elenco regionale dei
Prodotti Agroalimentari Tradizionali - anno 2023. Canosa di Puglia, Lizzano e Pulsano, Altamura e
Gravina in Puglia, Guagnano, Martina Franca, Grottaglie... sono queste le nuove tappe delle
tradizioni pugliesi in tavola.
La Puglia è una regione ricca di saperi e sapori, culla della cultura contadina e scrigno di tradizioni
centenarie. Le tavole imbandite delle nonne – ed oggi di padri, madri, nipoti – allietano le riunioni famigliari,
soprattutto nel caloroso clima di festa di questi giorni natalizi. Cartellate, parmigiane, dolcetti di pasta di
mandorle o la minestra verde di Santo Stefano; numerosi sono i prodotti che, da tradizione, sono preparati
in questo periodo nelle cucine pugliesi.
Ma quando un alimento è “tradizione”? Quando richiama un ricordo, ci riporta all’infanzia o a momenti
felici; quando si tramanda di generazione in generazione, passando di madre in figlia, di padre in figlio. E,
formalmente, un prodotto può essere chiamato “tradizionale” quando viene riconosciuto come Prodotto
Agroalimentare Tradizionale (PAT), riconoscimento introdotto in Italia nel 1998 (D.Lgs. 173/1998) e
attribuito a quei prodotti presenti in modo omogeneo e continuo sul territorio da almeno 25 anni.
La Puglia conta già 349 prodotti che possono vantare il riconoscimento di tradizionalità e, il 15 dicembre
scorso, la Regione Puglia – nello specifico l’ufficio per il Servizio Associazionismo Qualità e Mercati del
Dipartimento di Agricoltura, Sviluppo Rurale e Ambientale – ha promulgato una lista di sedici prodotti
regionali candidati a diventare nuovi PAT di Puglia. Un elenco ricco e variegato, che attraversa l’intero
territorio regionale.
Questo viaggio tra sapori e tradizioni inizia con l’“Olio extravergine di oliva coratina”, l’oro verde di Puglia
coltivato nelle campagne delle province di Bari e Barletta-Andria-Trani; sempre in queste zone, a Canosa di
Puglia, si può degustare il sapore tradizionale del “Pane a prosciutto” e degli “Strascinati di grano arso”,
entrambi candidati nella sezione dedicata alle paste fresche e prodotti della panetteria, biscotteria,
pasticceria e confetteria.
Attraversando il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, il percorso giunge ad Altamura e Gravina in Puglia, patrie
del “Finocchio selvatico”, specie edule spontanea tipica di questi territori, regina di ricette e preparazioni
tradizionali e, oggi, candidata a nuovo PAT di Puglia. Le strade della provincia di Taranto, invece, ci
accompagnano alla scoperta della “Capriata alla Martinese” (a Martina Franca) – preparazione a base di
fave e lambascioni – delle “Favespizzutate” (a Grottaglie), del “
Fucazzieddo cu la mustarda ti cucùzza” edella “Puccia allaspasa” (a Lizzano e Pulsano).
L’ultima tappa di questo viaggio tra le tradizioni è Guagnano,
nel Salento, dove il pasto si conclude con un assaggio di “Uva cardinal di Guagnano”.
?
 
Oltre le già citate, “Fico d’India”, “Nespolo invernale”, “Smirnio”, “Cocule di patate”, “Melanzane arrostite”,
“Pasta con i fagiolini” e “Patate e carciofi al forno” sono le nuove proposte che completano l’elenco dei PAT
di Puglia che finiranno nel prossimo aggiornamento nazionale.
Le schede necessarie per candidare dieci dei sedici nuovi PAT approvati dalla Regione (“Fucazzieddo cu la
mustarda ti cucùzza”, “Fico d’India”, “Finocchio selvatico”, “Smirnio”, “Capriata alla martinese”, “Cocule di
patate”, “Fave spizzutate”, “Melanzane arrostite”, “Pasta con i fagiolini” e “Patate e carciofi al forno”) sono
state preparate e presentate dai progetti BiodiverSO Karpos (
https://karpos.biodiversitapuglia.it/) eBiodiverSO Veg (
https://veg.biodiversitapuglia.it/).
I contenuti di alcune schede presentate sono stati raccolti dagli studenti del corso di Colture ortive tenuto
dal prof. Pietro Santamaria: Antonella Torsella (“Fucazzieddo cu la mustarda di cucuzza”), Davide Natale
(“Cocule di patate”), Francesco Moliterni (“Patate e carciofi al forno”), Mariachiara Brittannico (“Fave
spizzutate”) e Michela Cataldi (“Finocchio selvatico”).
 

 

Oltre 6.000 le presenze al Festival delle DOP venete che si è svolto a Piazzola sul Brenta (Pd), nella splendida cornice di Villa Contarini. La kermesse promossa da Regione del Veneto e Veneto Agricoltura con la collaborazione dei Consorzi di Tutela del Veneto, è stata inaugurata alla presenza dell’Assessore all’Agricoltura e al Turismo della Regione del Veneto Federico Caner, del Sindaco della Città di Piazzola sul Brenta Valter Milani e altre Autorità locali, presso “Casa Veneto”, lo stand fieristico della Regione del Venetorealizzato da Veneto Agricoltura con CSQA.

Tanti i prodotti delle Indicazioni Geografiche venete presenti: i vini e i formaggi, la Sopressa Vicentina DOP, il Radicchio Rosso di Treviso IGP e Variegato di Castelfranco IGP, l’Olio Veneto e del Garda DOP, il Riso Vialone Nano veronese IGP, la Ciliegia di Marostica IGP, Miele delle Dolomiti DOP, Pesca di Verona IGP e tanti altri!

Grande partecipazione alle degustazioni guidate a cura dei Cuochi Contadini di Coldiretti, dei formaggi veneti DOP e pizze guarnite ai formaggi DOP a cura di APROLAV-Caseus Veneti e UVIVE con le degustazioni dei vini DOC e DOCG del Veneto.

Il Festival delle DOP venete si conferma anche quest’anno un atteso appuntamento per conoscere e degustare i prodotti di eccellenza del territorio veneto.

Ben l’82% degli italiani che esprimono una opinione ritengono contribuirà positivamente alla difesa e la valorizzazione dell’agricoltura italiana la candidatura della pratica della cucina italiana per l’iscrizione nella Lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco decisa dal Governo su proposta dei ministri dell’Agricoltura e Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e della Cultura Gennaro Sangiuliano. E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti/Notosondaggi divulgata in occasione del Summer Fancy Food 2023 da domenica 25/6 a martedi’ 27/6 dalle 10 alle 16 (orario New York) al Javits Center level 3, Padiglione Italia, stand n.2718 Coldiretti, Campagna Amica  e Filiera Italia metteranno a confronto per la prima volta le autentiche specialità nazionali con le brutte copie di imitazione mentre i cuochi contadini dimostreranno la differenza tra i veri piatti della tradizione gastronomica tricolore e quelli storpiate all’estero con ricette improponibili.
 
 
“La cucina è diventata la voce principale del budget della vacanza in Italia con oltre un terzo della spesa destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o souvenir enogastronomici in mercati, feste e sagre di Paese” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “si tratta di un impatto economico valutato per la sola spesa alimentare in oltre 30 miliardi di euro nel 2023, divisi tra turisti italiani e stranieri che sempre più spesso scelgono il Belpaese come meta delle ferie per i primati a tavola”. Un risultato che dimostra l’immenso valore storico e culturale del patrimonio enogastronomico nazionale che è diffuso su tutto il territorio e dalla cui valorizzazione – precisa la Coldiretti – dipendono molte delle opportunità di sviluppo economico ed occupazionale.
 
 
La cucina italiana è diventata leader mondiale potendo contare sull’agricoltura più green d’Europa di 5547 specialità sono ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni, 319 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, la leadership nel biologico con circa 86mila aziende agricole biologiche, 25mila agriturismi che conservano da generazioni i segreti della cucina contadina, 10mila agricoltori in vendita diretta con Campagna Amica e le numerose iniziative di valorizzazione, dalle sagre alle strade del vino. Il Belpaese – continua la Coldiretti – è il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.
 
 
La candidatura Unesco – continua Coldiretti – è un riconoscimento per il padre della cucina italiana Pellegrino Artusi nato nel 1820 ed autore del primo codice alimentare dell’Italia unita “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” che diede un contributo fondamentale per amalgamare, prima a tavola e poi nella coscienza popolare, le diverse realtà regionali con un comune senso d’appartenenza. E’ anche grazie al prezioso lavoro di Artusi – conclude Coldiretti – se l’agroalimentare italiano in pochi anni da una economia di sussistenza ha saputo conquistare primati mondiali e diventare simbolo e traino del Made in Italy.

 

E’ dal 2019 che il 7 giugno si celebra la «Giornata mondiale della sicurezza alimentare» voluta da OMS, FAO e CODEX Alimentarius. L’obiettivo è quello di accrescere la consapevolezza sull’importanza che la sicurezza sanitaria degli alimenti di ogni genere riveste per la tutela della salute di tutta la popolazione.

Nel nostro Paese il Ministero della salute è autorità centrale per la sicurezza alimentare a tutela della salute della popolazione, degli animali e dell’ambiente. Opera con funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento attraverso un sistema integrato di controlli dal campo alla tavola.

Il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, mediante l’azione giornaliera sull’intero territorio nazionale, da oltre 60 anni è impegnato nell’attenta vigilanza del settore alimentare per il rispetto delle norme poste a tutela della salute dei cittadini.

L’intensa attività sviluppata dalla Specialità dell’Arma, d’intesa con il Ministero della Salute, ha consentito, nell’ultimo anno, di sottrarre dalle tavole degli italiani oltre 8.000 tonnellate di alimenti irregolari di varia natura (prodotti ittici, lattiero-caseari, carne, prodotti da forno e cereali, bibite e bevande), a causa di ignota provenienza, pessime condizioni igienico-sanitarie, stoccaggio in ambienti non adeguati, presenza di evidenti segni di alterazione o con date di scadenza superate, per un valore complessivo di oltre 34 milioni di euro.

E la ricorrenza di quest’anno è stata celebrata con un evento articolato in due sessioni: la prima intitolata “Le frontiere della sicurezza alimentare del terzo millennio per contrastare lo spreco alimentare e promuovere una filiera agro-alimentare sostenibile”; la seconda “La sicurezza alimentare e l’approccio One Health: come declinare la Tutela del consumatore e la promozione del made in Italy”.

La sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa tra governi, produttori e consumatori: tutti hanno un ruolo da svolgere dalla fattoria alla tavola per garantire che il cibo che consumiamo sia sicuro e sano.

Attraverso la Giornata Mondiale della Sicurezza Alimentare, l’OMS lavora per integrare la sicurezza alimentare nell’agenda pubblica e ridurre il peso delle malattie di origine alimentare a livello globale.

La disponibilità di cibo sicuro e sano per tutti può essere sostenuta nel futuro abbracciando le innovazioni digitali, avanzando soluzioni scientifiche e onorando le conoscenze tradizionali che hanno superato la prova del tempo. I nostri sistemi alimentari devono produrre abbastanza cibo sicuro per tutti.

Le catene di approvvigionamento alimentare coinvolgono diverse persone: produttori, trasformatori, trasportatori, distributori, venditori al dettaglio, cuochi e consumatori.

In ogni punto della catena, ci sono pericoli che possono causare contaminazione. Tutti coloro che sono coinvolti nelle varie fasi hanno la responsabilità di mantenere il cibo sicuro.

 

Il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti (Di.S.S.P.A.) dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, in collaborazione con la Regione Puglia Sezione Competitività delle Filiere Agroalimentari ha pubblicato on line, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, il nuovo e-book “10 prodotti per te – ortaggi della tradizione pugliese

Il volume, scritto dal professor Pietro Santamaria e dal dottor Massimiliano Renna dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, è dedicato a dieci ortaggi pugliesi inseriti nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT).

All’interno dell’e-book, di questi ortaggi sono descritte le caratteristiche principali, la tecnica colturale, le tradizioni, gli usi, le abitudini, i dialetti e le ricorrenze delle comunità pugliesi che li hanno sviluppati e continuano a coltivarli 

Dieci prodotti che rappresentano in modo inequivocabile le peculiarità degli ortaggi di Puglia: ortaggi eterogenei ma con una forte identità, sempre riconducibile al territorio di provenienza. Dieci prodotti che potrebbero anche essere definiti come gli “ambasciatori della pugliesità orticola”.

L’e-book è stato realizzato durante il progetto “I PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) pugliesi: un biglietto da visita dell’agricoltura di qualità”, finanziato dalla Regione Puglia nell’ambito del Programma di promozione dei prodotti agroalimentari pugliesi di qualità. È possibile effettuare il download gratuito dell’e-book tramite questo link:https://www.patpuglia.it/it/26/E-book/

 

Non solo strumento politico e culturale, fonte di piacere e condivisione, simbolo di cultura e tradizioni: il cibo protagonista di Terra Madre Salone del Gusto è anche promotore di integrazione, reinserimento e giustizia sociale.

 

«Il fronte delle cooperative sociali legate al ciclo del cibo, dalla sua produzione e trasformazione, alla ristorazione, fino al recupero degli sprechi e dell’educazione alimentare, rappresenta un'avanguardia civica. Per la nostra associazione queste realtà sono un punto di azione fondamentale, oltre che soggetti attraverso cui costruire vere e proprie comunità» spiega Raoul Tiraboschi, vicepresidente di Slow Food Italia. 

 

Le cooperative sociali: valori, esperienze e obiettivi 

 

Partiamo da Agrigento, in Sicilia, dove vive e lavora Mareme Cisse, senegalese di nascita e agrigentina di adozione. Arrivata in Italia nel 2004, ha scelto di dedicarsi alla cucina: oggi guida il ristorante Ginger - people&food, progetto della cooperativa sociale Al Kharub. «Nel ristorante trovano occupazione più di dieci ragazzi che hanno bisogno di essere inclusi e aiutati non solo attraverso il cibo e la cucina, ma nel contesto sociale agrigentino» ha spiegato Mareme. Già vincitrice del Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo e del programma Cuochi d’Italia, fa parte della rete dell'Alleanza Slow Food dei cuochi, proponendo una cucina innovativa espressione di tradizioni multiculturali, dalla Sicilia al Senegal, attraverso la valorizzazione dei prodotti e dei Presìdi del territorio. A Terra Madre ha presentato il Couscous Sama Gergent, rinominato “La mia Agrigento”, con agnello sambucano, prugne al Cerasuolo di Vittoria, mandorle e miele della Valle dei templi.

Nelle colline marchigiane che separano Corridonia da Monte San Giusto, in provincia di Macerata, si estende l’azienda agricola San Michele Arcangelo. Nata nel 2007, offre opportunità di lavoro a giovani provenienti da percorsi educativi e terapeutici. L’azienda agricola comprende 4 ettari di frutteti e 10 di vigneto, dai quali si producono composte, sottoli e sottaceti e vini. «Questi ragazzi, grazie all’agricoltura, trovano una porta per reinserirsi nel mondo del lavoro. La produzione vitivinicola è stata l’ultimo traguardo raggiunto» ha spiegato il presidente Marco Villani

 

L’Inchiostro Società Cooperativa Sociale è un ente di formazione basato a Soncino, in provincia di Cremona, ma anche molto di più: nel loro ristorante didattico si mixano conoscenza del territorio, ricerca di materie prime, ma anche innovazione e sperimentazione culinaria. Ne è un esempio l’invenzione di un torrone, prodotto tipico della zona, realizzato con la radice amara di Soncino (incluso sull’Arca del Gusto di Slow Food), un lungo fittone amarognolo da sempre considerato un piatto povero.
«Negli ultimi mesi abbiamo lanciato il progetto Dituttaaltrapasta, sviluppato per supportare la formazione lavorativa di ragazzi disabili - precisa Alessio Gratta. Li assumiamo come dipendenti per almeno 2 anni, periodo in cui hanno modo di sviluppare diverse competenze e capire quali sono le più adatte per loro. Non parliamo solo di mansioni agroalimentari: si cimentano anche nel servizio delivery, nella logistica, o nell’e-commerce per la vendita online: in questo modo riescono a costruire un loro portfolio utile per presentarsi alle aziende».

 

Il progetto Youth & Food


Terra Madre è stata anche l’occasione per il primo incontro tra i protagonisti del progetto Youth&Food - Il cibo come veicolo di inclusione, che attualmente coinvolge a Torino e Agrigento 30 minori stranieri non accompagnati provenienti da diverse aree del mondo. Il progetto, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, intende favorire l’inserimento lavorativo e sociale di questi ragazzi. Il progetto è stato avviato solo qualche mese fa ma già oggi ad Agrigento i giovani sono impegnati nella produzione di miele e nella viticoltura, mentre a Torino, oltre alle lezioni di cucina italiana e di panificazione, si sta svolgendo un corso di cucina etnica che li ha portati a riscoprire innanzitutto le loro tradizioni gastronomiche.

La legalità come strumento, non come fine


A Terra Madre l’inclusione sociale è stata anche al centro di dibattiti e incontri, come il laboratorio gastronomico e culturale organizzato dallo spazio Puglia in cui è intervenuto Pietro Fragrasso, presidente della cooperativa sociale Pietra di Scarto. Partendo da un bene confiscato dalla mafia, dopo undici anni ha recuperato ulivi della varietà cerignola che erano stati abbandonati, trasformando il bunker un tempo utilizzato per il traffico internazionale di droga nel luogo dove realizzare una filiera del pomodoro solidale. «La legalità è uno strumento, non un fine – ha spiegato Fragrasso –. Per questo la nostra cooperativa si impegna nella promozione della giustizia sociale ed economica attraverso la diffusione di una cultura dell’antimafia, la pratica di un’agricoltura sostenibile, l’educazione alla legalità e al consumo critico».

A dialogare con lui Leonardo Palmisano, dirigente d’impresa, scrittore e autore di inchieste che presiede la società cooperativa Radici Future Produzioni: «Con la nostra cooperativa, che nasce in valle d’Itria, lavoriamo a stretto contatto con i ragazzi che sono ancora dentro il circuito penale. In questo modo hanno l’occasione di confrontarsi con chi il caporalato lo ha combattuto e lo combatte ogni giorno – ha aggiunto Palmisano –. Non mancano poi i momenti di formazione nelle scuole, dove siamo felici di aver scoperto un rinnovato interesse per la terra e una crescente volontà di promuovere le realtà produttive che ne esaltano i frutti. Per noi Slow Food è un punto di riferimento morale in cui convivono imprese virtuose, e qui a Terra Madre troviamo l’Italia più bella, quella che lotta insieme a noi per dare ai braccianti un futuro migliore».

 

La 14esima edizione di Terra Madre Salone del Gusto, a Parco Dora di Torino dal 22 al 26 settembre, vede il debutto di 13 nuovi Presìdi italiani, che vanno ad arricchire lo straordinario bagaglio di biodiversità tutelata da Slow Food e si aggiungono ad altre storiche produzioni internazionali presenti all’evento. Tra queste, le ostriche bretoni dalla Francia e del mare di Wadden dai Paesi Bassi, lo zafferano di Jiloca e i capperi di Ballobar dell'Aragona, nel nord est della Spagna e i diversi tipi di formaggi a latte crudo irlandesi

 

Da sempre Slow Food pone la difesa della biodiversità al centro dei suoi progetti con l’obiettivo di tutelare la straordinaria ricchezza del nostro Pianeta. Ed è proprio nella nostra Penisola, ricca di prodotti artigianali, tecniche tradizionali, specie autoctone e paesaggi rurali, che già nel 1999, l’Associazione ha dato vita a uno dei suoi strumenti più significativi: i Presìdi Slow Food. Questi progetti sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta. Oggi sono oltre 600 in 79 paesi (in Italia se ne contano più di 350) e coinvolgono migliaia di produttori. 

 

Sono sei le regioni italiane che presentano quest’anno una nuova ricchezza da tutelare: Friuli Venezia Giulia, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Ecco le loro storie, simbolo di rinascita e resilienza.

 

Il Lazio presenta: sua maestà la Mosciarella 

Oltre a vedere la nascita ufficiale della rete dei castanicoltori italiani, Terra Madre ospita per la prima volta il Presidio della Mosciarella delle casette di Capranica Prenestina, una cinquantina di chilometri a est di Roma. Mosciarella non è il nome della varietà di castagna, bensì quello del prodotto che si ottiene dall’essiccatura del frutto: un procedimento lungo ma indispensabile per conservare le castagne nel freddo inverno che, da queste parti a oltre 900 metri d’altitudine, non si fa attendere. Tipica è la lavorazione, che avviene nelle casette, i piccoli locali in pietra costruiti nei boschi, dove vengono bruciate le ramaglie della potatura dei castagni e la spulla (cioè i resti delle bucce di castagne dell’anno precedente): il fumo e il calore sprigionato asciugano le castagne novelle, affumicandole leggermente.

 

La Sicilia: sono oltre 50 i progetti attivi nella regione 

L’ultimo arrivato dei Presìdi Slow Food siciliani nasce a Tortorici, centro di seimila abitanti in provincia di Messina noto soprattutto per i noccioli, di cui oggi troviamo ancora numerosi ecotipi locali. Il Presidio tutela la pasta reale di Tortorici, dolce costituito da soli tre ingredienti: acqua, zucchero e le nocciole che crescono sui monti dei Nebrodi. Piatta e irregolare, la pasta reale si contraddistingue per un rigonfiamento al centro che si produce in cottura, nel momento in cui l’impasto “scoppia”, facendo sciogliere lo zucchero e generando la particolare forma. Non esiste una ricetta precisa, molto dipende da come vengono tritate le nocciole tostate. 

 

Come per la pasta reale, anche nel caso della scattata di Alia la preparazione non richiede molti ingredienti. Il dolce tipico di questa cittadina montana a sud est di Palermo prevede solo mandorle, acqua e farina di maiorca, un grano antico presente ancora oggi nel territorio delle Madonie. Si dice che nessuna scattata viene mai uguale all’altra. La ricetta tradizionale, tipica dei giorni di festa, risalirebbe ai primi anni del Novecento e continua a essere tramandata da generazioni. Valorizzare questo lavoro artigiano è il principale obiettivo del Presidio, che mira anche a coinvolgere e rinforzare il tessuto agricolo e rurale del territorio, a partire dalle coltivazioni necessarie per realizzare il dolce, come il grano di maiorca e i mandorleti, nettamente diminuiti.

 

Nell’Agrigentano invece, il buttiglieddru di Licata non è solo un pomodoro che, come suggerisce il nome, ha una forma simile a quella di una bottiglia. La sua particolarità è data da una coltivazione pressoché unica, con semina a dicembre, maturazione a fine maggio e utilizzo di insetti “utili” al posto di fitofarmaci. Ottimo fresco per la sua dolcezza, il buttiglieddru viene da sempre trasformato anche in passata, polpa e pomodori secchi. Il Presidio oggi riunisce una decina di produttori attorno a un rigido disciplinare di produzione che prevede, tra le altre cose, l’autoriproduzione della semente, il divieto del diserbo e la semina in campo aperto. 

 

Il Friuli-Venezia Giulia, un viaggio attraverso il Carso e le Alpi

Il Friuli-Venezia Giulia partecipa a Terra Madre con due nuovi Presìdi Slow Food, avviati quest’anno nella regione più orientale dell’arco alpino: il miele di marasca nell’area del Carso e il pestith, un pesto di rape macerate diffuso in Valecellina e Val Vajont in provincia di Pordenone.

 

Il miele di marasca si ottiene dal nettare dei fiori di ciliegio canino (Prunus mahaleb), conosciuto anche come ciliegio di santa Lucia, varietà che cresce spontaneamente sui substrati carbonatici del Carso triestino e goriziano. Dalla sua breve fioritura, più precoce vicino al mare rispetto all’entroterra, si ottiene un miele dal colore ambrato e dall’aroma delicato, con un leggero retrogusto amarognolo che ricorda quello delle mandorle.

 

Dal Carso poi ci spostiamo sulle Alpi con il pestith, che a seconda della località può venire chiamato anche pestìç, pestìth, pestìf o pastìç, ottenuto dalla macerazione della rapa dal colletto viola. Si tratta di una varietà di rapa che cresce anche nelle zone montane più fredde e poco soleggiate. Viene raccolta in autunno e lasciata macerare fino al periodo natalizio, quando le rape vengono lavate e pestate: a quel punto sono pronte per essere soffritte in olio oppure burro, cipolle, sale e pepe.

 

La Puglia, tra gioielli del mare, dolci tipici e lievitati tradizionali

A Taranto, la cozza nera è un nuovo Presidio Slow Food ed è anche molto di più: innanzitutto un riconoscimento che sfida i pregiudizi che da anni, per ragioni prima di tutto ambientali, affliggono la città pugliese, e poi anche un simbolo di rinascita di una comunità che ha nella mitilicoltura le origini della propria storia. Più di venti mitilicoltori hanno aderito al progetto, che prevede l’allevamento della cozza nera tarantina secondo un disciplinare che non garantisce soltanto la tracciabilità e la qualità del prodotto, ma anche il rispetto dell’ecosistema marino. Grazie alla collaborazione con partner scientifici, come il Cnr, e tecnici, come Novamont, i produttori che aderiscono al Presidio utilizzano infatti materiali ecosostenibili, prodotti in mater-bi e quindi compostabili. 

 

Sempre in provincia di Taranto, a Manduria, il colombino è il dolce delle feste. Oggi sono pochi i pasticceri locali a conservarne la ricetta. Questo pasticcino dalla forma di tortino tronco-conico presenta due strati di pasta sfoglia farcita con pasta di mandorle all’arancia e crema pasticcera. Il tutto ricoperto da una soffice glassa di meringa fatta con zucchero, albume e limone, e da un decoro a forma di colombino, da cui deriva il nome, realizzato con confettura di albicocche. Un classico è il suo abbinamento con un bicchiere di Primitivo di Manduria Dolce Naturale.

 

Nel brindisino invece, il confetto riccio di Martina Franca è legato ad altre due occasioni speciali, i due giovedì che precedono il martedì grasso. Il confetto viene realizzato con mandorle di varietà locale di forma tondeggiante – la tondina in particolare, ma anche la catuccia, la spappacarnale e la carluccio – zucchero e limone. La preparazione prevede l’abbrustolimento delle mandorle all’interno della conca, un pentolone basso, tondo e largo di rame, riscaldato a temperatura costante, a cui l’artigiano del riccio imprime movimenti ondulatori. Segue poi l’arricciatura, che si ottiene riducendo la temperatura del fuoco e versando nella conca “lu gilueppu”, uno sciroppo cotto a filo, formato da acqua calda, zucchero e qualche goccia di limone.

 

La focaccia a libro di Sammichele di Bari è una focaccia dalla forma circolare, croccante e dal colore bruno esternamente, soffice e di colore bianco all’interno. Il nome deriva dalla chiusura a libro della sfoglia che, durante la lavorazione, viene stesa, condita con olio extravergine, sale e origano e poi richiusa su sé stessa per formare un rotolo sistemato a spirale. Tratto tipico nella realizzazione della focaccia a libro, fecazze a livre in dialetto, è l’utilizzo e la valorizzazione di ingredienti “poveri” e poco elaborati: farina provenienti da grani teneri coltivati localmente e legati alla tradizione cerealicola regionale – maiorca, risciola, bianchetta; sale delle vicine saline di Margherita di Savoia; olio extravergine di oliva di frantoi locali da olive della cultivar ogliarola barese; origano spontaneo raccolto nelle zone incolte, aride e assolate; lievito naturale proveniente dalla pasta acida dell’impasto precedente.


A chiudere il cerchio pugliese è il pane di Monte Sant’Angelo, un pane di farina di grano tenero di forma rotonda grande, a volte grandissima. Un tempo, infatti, le famiglie acquistavano il pane una sola volta alla settimana e quindi le forme potevano superare i 12 chilogrammi. Un aspetto curioso e caratteristico dei forni del paese garganico, è il fatto che molti fornai sono soliti esporre i pani all’esterno delle botteghe, a volte anche appendendoli al muro. La sua cottura avviene ancora in forni con camere in pietra refrattaria spesso molto vecchi che, con l’eccezione di Natale e Capodanno, rimangono sempre accesi. La preparazione prevede la lievitazione con la sola pasta acida, al quale ogni giorno si aggiunge la farina necessaria per la produzione quotidiana. 

 

Dalla Calabria, il legume che non ti aspetti 

Storicamente considerato la carne dei poveri per la sua ricchezza in proteine, il fagiolo poverello bianco è un legume dalle ottime proprietà nutrizionali. La sua produzione avviene in provincia di Cosenza, all’interno del Parco Nazionale del Pollino, e le località coinvolte sono tre: Mormanno, Laino Castello e Laino Borgo. Qui il fagiolo poverello bianco viene ancora coltivato secondo la tradizione: essendo un fagiolo rampicante, si utilizzano paletti di sostegno in castagno, ottenuti dai vicini boschi cedui, mentre la raccolta è manuale. I baccelli vengono lasciati essiccare sui cannizzi, cioè graticci di canna intrecciata, e poi inseriti per essere battuti. Una delle sue peculiarità è proprio la coltivazione, realizzata arricchendo il terreno soltanto con letame ben maturo, senza fertilizzanti chimici di sintesi. 

 

In Campania la cipolla è di Vatolla

Ingrediente fondamentale del tradizionale “susciello di cipolla”, la cipolla di Vatolla, frazione del comune cilentano di Perdifumo, in provincia di Salerno, riflette secolari tradizioni contadine: dall’abitudine di accendere tre falò al momento della semina, a quella di vendere le cipolle rigorosamente intrecciate. L’associazione dei produttori che aderiscono al Presidio è composta in grande maggioranza da donne, coinvolte in particolare nel lavoro di intrecciatura, insieme alle quali collabora un gruppo di giovani, desiderosi di riscoprire la propria storia e le proprie radici. La caratteristica principale di questa cipolla è il sapore - spiccatamente dolce, poco pungente e dal profumo penetrante – che la rende perfetta per essere consumata cruda, in insalata, oppure nella classica frittata di cipolla e cacioricotta.

 

Si è svolto  nella prestigiosa cornice del Teatro Kursaal di Bari l'iniziativa "La ricetta per il futuro”, promossa da Regione Puglia in collaborazione con Autogrill S.p.A & LabLaw, dedicata alla valorizzazione di nuove forme di orientamento consapevole per i ragazzi e le ragazze pugliesi.

Una mattinata intensa per immaginare gli scenari futuri per il lavoro nell'ambito della ristorazione, conoscere gli sbocchi occupazionali esistenti e le competenze richieste in questo settore, oltre alle possibilità di conoscere i percorsi di formazione on the job. L’iniziativa, articolata in due momenti, ha visto l’alternarsi di una tavola rotonda interistituzionale con protagonisti stakeholders pubblici e privati attivi strutturalmente nell'ambito dell'enogastronomia e dell’agroalimentare ad un momento specificamente dedicato ai percorsi di orientamento e ai profili professionali, con un format a cura di Autogrill “Assapora il futuro”.

“Vorrei innanzitutto manifestare la mia gratitudine verso Autogrill – ha dichiarato il presidente della Regione Puglia, intervenuto all’evento davanti a una folta platea di studenti delle scuole superiori degli Istituti alberghieri -, storico marchio della ristorazione italiana, che spero, con il suo esempio, possa trainare anche tante altre aziende in questo progetto. Grazie perché si è resa conto che la formazione va iniziata presto, in età scolastica, sapendo che la connessione tra la disponibilità delle ragazze e dei ragazzi e l’utilità per l’azienda dipende proprio da come si è riusciti a indirizzare e formarli nel percorso poi professionale. Come Regione abbiamo cominciato a collaborare, prima ancora dell’assunzione e, soprattutto, stiamo selezionando ipotesi di investimento e di formazione. Di qui il principio di dover tenere insieme il progetto imprenditoriale e la formazione sì da non rischiare di formare persone senza avere un’impresa che le assuma o, viceversa, avviare degli investimenti d’impresa non avendo la manodopera necessaria e qualificata. Questo stesso percorso di lavoro possiamo farlo con tutte le grandi imprese: Autogrill ha dato un buon esempio e di questo ovviamente li ringraziamo di cuore” 

Per l’assessore regionale all’istruzione l’obiettivo del progetto presentato questa mattina è quello di   “promuovere forme di orientamento più consapevole, costruendo momenti di incontro e confronto tra mondo della formazione e aziende alla ricerca di nuovi profili. È questa l’idea alla base dell’iniziativa che abbiamo promosso oggi in collaborazione con Autogrill – ha sottolineato l’assessore - e che ha radunato centinaia di studenti degli istituti alberghieri della Puglia. Il tema dell’orientamento sta continuamente crescendo d’importanza, passando da attività secondaria e limitata a tema primario dell’attività scolastica.  Se ne è riconosciuta l’importanza non solo nel favorire una scelta consapevole del percorso scolastico e professionale di ciascuno, ma anche come arma importante per contrastare in primis il fenomeno della dispersione, che raggiunge ancora valori preoccupanti, e poi di conseguenza come strumento per affrontare il problema della disoccupazione giovanile. Su questo stiamo portando avanti un grande progetto di partecipazione, di coinvolgimento e di orientamento chiamato "Agenda per il Lavoro 2021-2027" per costruire dal basso le nuove politiche regionali in materia di lavoro, istruzione e formazione”.

“Investire sui giovani: è questa la ricetta per il futuro di Autogrill, azienda che da anni opera sul territorio nazionale e si impegna a valorizzare la crescita professionale dei talenti del Paese - ha commentato Gabriele Belsito, direttore Risorse Umane Europa-Italia Autogrill -. Per ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, unire le forze e fare rete è fondamentale: per questo crediamo molto nella collaborazione con le istituzioni e il sistema della formazione per accrescere la conoscenza del mercato del lavoro. In questa direzione, nasce “Assapora il Futuro”, che ha l’intento di far conoscere il mondo Autogrill e aprire le porte dell’azienda agli studenti degli istituti professionali con attività di orientamento e di incontro. Un giovane può sviluppare da noi i valori e la cultura del lavoro, maturando la capacità di svolgere attività di bar e ristorazione all’interno di un’eccellenza italiana del settore”.

“LABLAW crede fortemente nell’etica del lavoro – ha dichiarato Alessandro Paone, socio dello studio  LabLaw - ed è in prima linea da sempre nella diffusione dei valori che devono ispirare i più giovani nel processo di avvicinamento al lavoro per costruire il loro futuro. Il nostro Sud  - ha aggiunto - avverte più di altri territori le difficoltà di una disoccupazione giovanile elevata, di una percentuale di NEET senza pari, eppure il divario fra domanda ed offerta di lavoro ci dice che i problemi sono più profondi e per curarli, prima delle norme, prima delle politiche attive, serve intervenire sulla cultura del lavoro, spronando i giovanissimi a fare le scelte giuste, ad accudire i propri sogni e le ambizioni in percorsi di studio e di lavoro solidi che sappiano arricchirli e con essi arricchire le loro terre. Per questo il progetto di Autogrill ha dello straordinario ed è giusto goda della massima attenzione istituzionale. Certo un’azienda da sola - e in generale le aziende lasciate a loro stesse - non può cambiare la sua situazione ma è un segnale fondamentale e vibrante che deve spronare i decisori politici a concentrare le proprie energie sul mercato del lavoro adottando politiche industriali di lungo respiro. Ce lo chiedono i nostri giovani”.

Alla tavola rotonda, moderata dal direttore del Dipartimento della Sezione Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Puglia, Silvia Pellegrini, hanno preso parte, insieme al presidente della Regione Puglia; e all’asseore regionale all’istruzione, anche Gabriele Belsito, direttore Risorse Umane Europa-Italia Autogrill; Margherita Manghisi, presidente rete degli Alberghieri di Puglia; Anna Cammalleri, consigliere del presidente per le Politiche integrate, Formazione, Occupazione e Cittadinanza Attiva nel Sistema Puglia; Danilo Sponsillo, giovane chef emergente del ristorante Quadri di Foggia; Alessandro Paone, partner LabLaw; Mariana Bianco, presidente Sezione Agroalimentare Confindustria Puglia; Cesare De Palma, coordinatore del tavolo tecnico Education Confindustria Puglia; Maria Raffaella Lamacchia, dirigente Sezione Istruzione e Università della Regione Puglia, Monica Calzetta, dirigente Sezione Formazione della Regione Puglia.

“Domani sarò ciò che oggi ho scelto di essere – ha detto il direttore regionale Silvia Pellegrini -. Se questa antica massima è vera, è fondamentale promuovere e sostenere l’orientamento, in tutte le sue forme a partire anche dalle scuole medie. Le politiche pubbliche, come per esempio Agenda per il Lavoro, devono sostenere la formazione integrale della persona e del sé per stimolare i giovani studenti a comprendere l’utilità del proprio curriculum, di utilizzare quanto appreso, di scegliere e agire responsabilmente. Tutto ciò in un’ ottica di apprendimento permanente e nel solco del processo educativo e formativo che consente di migliorare conoscenze, capacità e competenze in un contesto di crescita personale, sociale, civica e occupazionale”.

 

Sicurezza alimentare, conomica e sociale, etichettatura alimentare. Sono stati questi i temi affrontati nel corso del Cibus di Parma il 21° Salone internazionale dell’alimentazione.   

Focus innanzitutto sul tema della sostenibilità che rappresenta il presente e il futuro dell’agricoltura, su come sia centrale in questo momento il tema dell’energia e quanto siano importanti le opportunità che possono scaturire dal PNRR, a partire dal Parco Agrisolare e dallo sviluppo del biometano, che puntano a sostenere l’autosufficienza energetica delle imprese agricole, dai Contratti di Filiera che possono potenziare la struttura e l’efficienza delle nostre catene produttive e dalla Meccanizzazione e sui passi da compiere anche in termini di semplificazione e sburocratizzazione, implementando gli strumenti che gli imprenditori già conoscono, per poterli usare al meglio: l’unico strumento che abbiamo per arrivare a produrre sempre più cibo, impattando meno e che sia accessibile a tutti, è l’innovazione.

Al centro dei discorsi anche le ricadute della guerra tra Russia e Ucraina sull’agroalimentare e la sicurezza alimentare, messa in crisi dal conflitto bellico.  Per quanto riguarda la PAC, è stato ribadito la necessità di valutare un regime transitorio per il prossimo periodo senza introdurre modifiche radicali, non retrocedere dalla necessità di un’agricoltura produttiva e più compatibile con l’ambiente trovando gli strumenti per dipendere sempre meno a livello europeo dalle importazioni dei Paesi terzi per i prodotti agroalimentari.

Per quanto riguarda il sistema di etichettatura, è stato sottolineato come il 2022 sarà un anno che ci vedrà molto impegnati a livello europeo per la contemporanea revisione della normativa in materia di etichettatura degli alimenti e del vino e del sistema delle Indicazioni Geografiche. L’Italia propone, in alternativa al Nutriscore, come è noto, l’adozione del Nutrinform Battery. Il nuovo parere dell’EFSA conferma la validità della posizione italiana e del Nutrinform, chiarendo l’importanza della dieta complessiva, delle porzioni e dei valori di riferimento giornalieri (DRV) per i nutrienti.

 

 

La sinergia all’interno della filiera grano duro-semola-pasta è una condizione imprescindibile per valorizzare appieno l’approvvigionamento di materia prima nazionale di qualità; tale comunione d’intenti, che è stata sensibilmente rafforzata e incrementata negli ultimi tre anni, risulta fondamentale per arrivare all’individuazione di parametri qualitativi concertati e condivisi che possano rappresentare dei riferimenti oggettivi per classificare ogni anno il grano duro nazionale, debitamente mappato nei suoi diversi areali produttivi, in classi di qualità prestabilite.

 

Sono questi i principali obiettivi sulla base dei quali le associazioni firmatarie del protocollo d’intesa “Filiera grano duro-pasta di Qualità”, ovvero Alleanza delle Cooperative AgroalimentariAssosementiCia-Agricoltori ItalianiCOMPAGConfagricolturaCopagriITALMOPA - Associazione Industriali Mugnai d’Italia e i pastai di Unione Italiana Food, hanno lavorato intensamente nello scorso triennio, con il fondamentale apporto dell’Università degli Studi della Tuscia, per dare vita all’innovativo sistema “FRUCLASS”, che per la prima volta in Italia permette la restituzione in tempo reale di uno spaccato territoriale dei risultati della campagna granaria.

 

“Tale fotografia, resa possibile da un approccio innovativo per la gestione dei big-data, è il frutto di rilevazioni trasmesse quotidianamente su un server dedicato dell’Ateneo viterbese, dove queste vengono processate, controllate e rese fruibili, con diverso grado di dettaglio, agli iscritti alla piattaforma informatica http://granoduropasta.unitus.it/”, spiegano Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Assosementi, Cia-Agricoltori Italiani, COMPAG, Confagricoltura, Copagri, ITALMOPA - Associazione Industriali Mugnai d’Italia e i pastai di Unione Italiana Food, ricordando che “‘FRUCLASS’ va a integrare gli intenti del protocollo d’intesa ‘Filiera grano duro-pasta di Qualità’ e vuole essere una risposta innovativa, concreta, volontaria e di squadra alle criticità che ostacolano la crescita del settore, proponendo soluzioni adeguate a tradurre gli impegni dell’accordo in nuove pratiche gestionali, informative e contrattuali, con benefici a cascata su tutta la filiera”.

 

I risultati finali dei primi tre anni di sperimentazione, durante i quali sono state mappate ben 410mila tonnellate di grano duro stoccate in oltre 70 centri di ritiro dislocati in 19 diverse province italiane, saranno presentati nel corso di una conferenza stampa che si terrà giovedì 10 febbraio 2022, dalle ore 11:00 a Palazzo della Valle, in Corso Vittorio Emanuele II 101. All’incontro interverranno i rappresentanti delle organizzazioni della filiera grano duro-pasta, che si confronteranno sulla base dei risultati della sperimentazione e faranno il punto sugli sviluppi futuri del sistema “FRUCLASS”. L’iniziativa si svolgerà alla presenza del sottosegretario alle Politiche Agricole Gian Marco Centinaioe del presidente della Commissione Agricoltura della Camera Filippo Gallinella.

E’ Bari la città più cara del Mezzogiorno d’Italia per l’alimentazione, con il carello della spesa che schizza con coefficienti di ricarico dal campo alla tavola fino al 400%, mentre le imprese agricole sono strozzate da aumenti dei costi energetici non compensati da prezzi di vendita adeguati. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in riferimento allo studio elaborato dal Codacons su dati del Ministero dello Sviluppo Economico, secondo cui per il comparto alimentare a Bari si spendono 81,26 euro, il 20% in più rispetto a Napoli e il 9,5% in più di Catanzaro, con le voci di spesa più alte per il pane, la carne, i pomodori e le verdure.

“Il carrello pesa sempre di più sulle tasche dei consumatori, ma è deflazione nei campi dove agli agricoltori si vedono pagare dall’ortofrutta all’olio oltre il 30% in meno rispetto allo scorso anno e al di sotto dei costi di produzione, per colpa delle distorsioni lungo la filiera che provoca pesanti squilibri, mentre la spesa delle famiglie continua a crescere per effetto degli aumenti dalla pasta al pane, dalle verdure alla frutta. È necessario investire sul futuro competitivo delle imprese agricole, minacciato e indebolito dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne, dove i prodotti agricoli sono pagati sottocosto pochi centesimi. Serve una grande azione di responsabilizzazione dal campo allo scaffale per garantire che dietro tutti i prodotti agricoli e agroalimentari in vendita, italiani e stranieri, ci sia un percorso di qualità che riguardi l’ambiente, la salute e il lavoro, con una equa distribuzione del valore”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

Una situazione che – evidenzia la Coldiretti regionale – è aggravata dalla stangata sulla bolletta energetica, dove per le operazioni colturali gli agricoltori – spiega la Coldiretti Puglia – sono costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Inoltre – continua Coldiretti – l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%. Non si sottraggono ai rincari anche i fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio che subiscono anch’essi una forte impennata (+60%).

L’aumento dei costi riguarda anche l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi ma ad aumentare sono pure i costi per l’essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne. Il rincaro dell’energia – continua la Coldiretti regionale – si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Serve – conclude la Coldiretti Puglia – responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle.

 

Con le sue giornate uggiose notoriamente l'autunno è il periodo ideale per andare in cerca di funghi nei boschi e negli incolti. Etimologicamente fungo proviene innanzitutto dal termine greco ??????? o ??????? (spóngos o sphóngos), ‘spugna’; per i latini, che ne apprezzavone le qualità culinarie, fungus, significava ‘portatore di morte’, da funus = morte ed ago = porto, portare, e quindi aveva un significa nella civiltà un significato funesto. I vari racconti, tra leggenda e realtà, narrano ad esempio che l'imperatore Claudio morì proprio a causa del fatto che la moglie Agrippina, conoscendo il suo debole culinario e desiderando mettere Nerone sul trono al suo posto, lo avrebbe fatto avvelenare proprio facendogli mangiare dei funghi velenosi.

Tra le tante specie di funghi eduli, ve ne sono alcune molto famose e ricercate per la loro bontà in ambito culinario. Il re dei funghi è senz’altro il ‘porcino’, il Boletus edulis, il più noto ed apprezzato per la sua squisitezza, comunemente denominato ‘brisa’,’ bastard’, ‘fungo di macchia’, ‘moccicone’ o ‘settembrino. Posti d’eccellenza ce l’hanno poi l'Amanita cæsarea, dal latino caesareus, dei Cesari, volgarmente conosciuta come ‘ovolo buono’, la cui prelibatezza indusse gli antichi Romani, il poeta Quinto Orazio Flacco tra questi, a definirlo "Cibo degli Dei" ed il ‘finferlo’, il Cantharellus cibarius, caratteristico per il suo colore giallo acceso.

Tra i funghi più conosciuti e ricercati nel sud Italia c’è il ‘cardoncello’, botanicamente chiamato Pleurotus eryngi; in particolare, Pleurotus è una parola greca composta da ??????? (pleurón) = di fianco, ed ??? (oûs) = orecchio per la sua forma, mentre sempre greco è ???????? (erynghion) che significa ‘ruttare’, in sintonia con quanto affermava Dioscoride, secondo il quale chi ne mangiava ‘aumentava tutte le ventosità’; molteplici sono i nomi comuni: ‘antunna’ o ‘antunnu eru’, ‘cardolinu de petza (fungo di carne) in Sardegna, ‘funciu di ferla’ in Sicilia; ‘cardungìdde’, ‘cardunceddu’, e ‘carduncieddù’ sono i nomi solitamente usati in Puglia e Basilicata, regioni il cardoncello è raccolto sull’altopiano delle Murge appulo-lucane, una delle più importanti culle di questa specie di fungo, perché in questi terreni trova il suo habitat ideale, crescendo soprattutto sull’Eryngium campestre, sua pianta ospite naturale. Da oltre trent’anni, poi, il cardoncello viene coltivato principalmente in Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, utilizzando un substrato costituito da ballette di paglia in cui artificialmente sono state inoculate le spore del fungo, che sono poste in serre opportunamente condizionate in termini di umidità, luminosità e temperatura.

I funghi non sono, però, solo gustosi a tavola, in quanto hanno anche dei ‘sapori cultural’”. Molte sono infatti i riferimenti in campo letterario ed artistico. Lo scrittore greco Pausania (II sec. d.C.) scrisse che secondo la mitologia l’eroe Perseo, dopo un lungo ed estenuante viaggio, stanco e assetato, si poté ristorare con l’acqua raccolta nel cappello di un ????? (mykés), che vuol dire anch’esso fungo in greco antico; per questo motivo decise allora di fondare in quel luogo una nuova capitale e di chiamarla Micene, dando così vita a una delle maggiori civiltà del passato, la ‘micenea’. Per il mistero che circondava la loro nascita, Plinio il Vecchio scriveva che I boleti sono di tipo malefico se nascono vicino a bottoni di metallo, chiodi da scarpa, ferri arrugginiti, panni fradici, assorbendo i succhi impregnati di tali sostanze e trasformandoli in veleno, ed ancora ... se un serpente passando vi soffia sopra, il fungo diventa velenoso, perché la sua natura é di assorbire qualsiasi sostanza venefica. Durante il Medio Evo erano stati messi al bando dal Sant’Uffizio perché, oggetto di canti Medioevali in alcune taverne laziali, era considerato espressione di forze soprannaturali ed afrodisiaco, e quindi in grado di distogliere i Cristiani dall’idea della penitenza. Nel XIV secolo, di fronte al timore di supposte virtù stregonesche, Giovanni Morelli consigliava ... Desina all’ora compitente, mangia buone cose e non troppo; levati con buono appitito, guardati dalle frutte e dai funghi, non ne mangiare, o poco e di rado. Nel XVI secolo, però, Giovanvettorio Soderini ha ridimensionato i supposti lati negativi, dichiarando I funghi piacciono allo stomaco, muovono il ventre, nutriscono il corpo, ma con fatica si smaltiscono; son ventosi”; quest’ultimo aspetto, già evidenziato da Dioscoride, fu ribadito anche da Cecco Angiolieri con Però non dica l’uomo: I’ho parenti; ché s’e’ non ha denari, e’ può ben dire: Io nacqui come fungo a’ tuoni e venti. Ancora, per la casualità dei punti in cui nascono, Annibal Caro per indicare una fatica inutile scrisse È come cercar dei funghi, mentre per la rapidità della loro crescita Lorenzo de Medici verseggiò Ogni ora a chi aspetta pare un anno, ed ogni brieve tempo è troppo lungo... e, quando ben nascesse come il fungo, mi par che troppo al mio bisogno stia; e ancora nei Canti carnascialeschi intona Campeggeran ne’ verdi prati i funghi. L’estrema fragilità e la breve durata viene espressa da Ludovico Antonio Muratori con la frase Avere la vita dei funghi. Le immagini dei funghi come metafore dell’inquietante e del fugace sono utilizzate dall’Ariosto con In luogo d’occhi, di color di fungo sotto la fronte ha due coccole d’osso, da Federico Tozzi, Il cielo si era coperto di nuvole, rossiccie come funghi velenosi, che correvano sopra la luna e da Carlo Emilio Gadda, Le bande tenevano il paese per qualche anno, poi si dissolvevano, sparivano, altre sorgevano come funghi dopo l’acquata di settembre. Tratteggiati in paesaggi pastorali, oppure usati come immagine della vita che passa, i funghi spesso simboleggiano pure alcune situazioni esistenziali: Io sto qui e ogni giorno mi sento di più come un fungo fuori stagione, si legge nell’Epistolario di Giosué Carducci; nei Canti di Giacomo Leopardi si ritrova Ne troverem più che non brami. Oh guata: un fungo, e quivi un altro: oh quanti funghi. C’è pure chi dei funghi ne ha fatto il simbolo di un impossibile ritorno ad una vita in armonia con la natura, come Italo Calvino in quell’episodio di ‘Marcovaldo’, in Funghi in città, in cui si può leggere Un giorno sulla striscia d’aiuola di un corso cittadino, capitò chissà dove, una ventata di spore e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram. I funghi sono presenti pure in una filastrocca cantata da Gretel nella fiaba musicale Hansen e Gretel di Humperdinck: Nel bosco dite o bimbi chi sarà quell’ometto che in capo ha un caschetto color caffè. Dite o bimbi chi sarà quell’ometto solo là col farsetto rosso nel bosco là. E i bambini: Il fungo della felicità! Ma c’è altresì chi come Guido Piovene più tangibilmente li descrive sulla tavola: A Penne potremo mangiare... i maccheroni alla chitarra, le minestre condite con erbe aromatiche inconsuete, ed i piccoli funghi spinaroli.

Abbastanza lunga è, poi, la serie dei modi di dire che hanno a che fare con i funghi, in grado di colpire l’immaginario popolare. Eccone alcuni. Andar per funghi: indossare un abito a rovescio, per la credenza popolare che portasse fortuna ai cercatori di funghi, pratica probabilmente dovuta all’abitudine di rivoltare i vestiti per non danneggiarli. Avere la vita dei funghi, cioè avere una vita breve. Cercare funghi, andare in giro senza meta, bighellonare. Far nascere un fungo, cioè cercare un pretesto. Venir su come un fungo, vale a dire crescere senza cultura e educazione. Nascere, sorgere, spuntare come un fungo, in altre parole, sorgere all’improvviso, alla svelta e in gran numero. In una notte nasce il fungo, a significare che quello che meno ci si aspetta, può accadere all’improvviso e Tanto piovve che nacque il fungo, per dire che finalmente è accaduto ciò che si è perseguito con tenacia. Secondo una leggenda, poi, i funghi sarebbero nati dalle briciole di pane cadute in un bosco da due pagnotte che Gesù e San Pietro stavano sbocconcellando mentre camminavano: le due pagnotte erano, l'una bianca e l'altra nera, e le briciole cadute originarono rispettivamente i funghi buoni e quelli velenosi.

Anche nell’arte i funghi sono stati dei protagonisti, fin dai tempi antichi. Risalgono ad un periodo variabile tra i 9000 ed i 7000 anni fa una serie di pitture raffiguranti degli individui mascherati da funghi, individuate in un riparo di Tin-Tazarift, nel Tassili (tra Algeria e Libia). Geroglifici egiziani di 4600 anni fa testimoniano che i Faraoni pensavano che i funghi fossero ‘erbe dell'immortalità’ e ‘figli degli Dei’ mandati sulla terra attraverso i fulmini, per cui solo ai Faraoni era permesso mangiarli. Incisioni rupestri riproducesti ‘Uomini-fungo’ sono stati scoperti nei pressi del fiume Pegtymel (Siberia), mentre delle piccole pietre-fungo, risalenti al 300-600 d.C., sono state ritrovate nel sito di Kaminalijuyu, in Guatemala. Una scena di Cacciaggione e funghi è raffigurata nella Casa dei Cervi ad Ercolano. Nell’abbazia di Plaincourault, Indre (Francia), in un affresco del periodo romanico (1291) è rappresentato l’episodio biblico del peccato originale in cui l'albero della conoscenza del bene e del male è rappresentato in forma di fungo su cui è attorcigliato un serpente nell'atto di offrire il frutto proibito ad Eva. Come, poi, non ricordare l’Inverno di Arcimboldo, in cui la bocca del suo personaggio è formata da due funghi. In Funghi (1600), il pittore belga Fyt Jan ha posto dei porcini in primo piano con altri ortaggi e due fagiani sullo sfondo. Angelo Maria Rossi ha dipinto nel 1650 Natura morta con frutta, zucca, funghi, pannocchia e conchiglia. Natura morta con funghi (1656) è il titolo assegnato ad un suo quadro da Paolo Porpora, un artista napoletano vissuto nel periodo del tardo barocco. Funghi (porcini) da soli sono stati posti da Gigi Comolli in una sua opera datata 1949; di quest’ultimo anno è anche il quadro Funghi con paiolo del genovese Amedeo Merello. Molto suggestivo è il Raccoglitori di funghi (1950) di Giuseppe Migneco, un pittore italiano tra i maggiori espressionisti del novecento. Funghi e castagne è il binomio rappresentato da Francesco Gonzaga, artista milanese del Novecento. Pure del Novecento sono due nature morte con funghi, l’una con delle zucche, l’altra con cachi ed un grappolo d’uva l’altro, dipinte del pittore lombardo Edmondo Albertella in arte ‘Pinsart’. Un’opera si può dire minore, ma senz’altro originale, è la statua denominata il ‘Fungo Innamorato’, posta al centro di un piccolo rondò a Pievescola, una frazione di Casole d’Elsa del Senese. Infine, sembra esistano anche il ‘fungo dell’amore, il Pleurotus salmonarius, chiamato così per il suo colore, caratterizzato da una sfumatura tra il salmone e il rosato che gli dona un tocco assolutamente femminile, e secondo i cinesi il ‘fungo dell’immortalità’, il Ganoderma lucidum.

PASQUALE MONTEMURRO

 

 

Quanto le nostre scelte alimentari sono influenzate dalle conoscenze nutrizionali in nostro possesso? E quanto pregiudizi e convinzioni personali comportano abitudini alimentari non sane? La consapevolezza nutrizionale degli individui e la conoscenza e la percezione soggettive dell'importanza di una dieta equilibrata sono fattori determinanti che influenzano le scelte alimentari, il comportamento dei consumatori e l'apporto nutrizionale molto più della conoscenza oggettiva, consolidata e acquisita da fonti qualificate senza interpretazione personale. E’ quanto emerge nello studio Relationship Between Nutrition Knowledge and Dietary Intake: An Assessment Among a Sample of Italian Adults (Relazione tra conoscenza nutrizionale e apporto dietetico: una valutazione tra un campione di adulti italiani) effettuato dal CREA, con il suo centro di Alimenti e Nutrizione, appena pubblicato sulla rivista internazionale Frontiers in Nutrition.

Lo studio. Dopo aver somministrato un questionario ad un campione di 591 genitori di alunni della scuola primaria, reclutati nel comune di Roma (contesto urbano) e provincia (contesto rurale) ed aver costruito, sulla base dei loro consumi alimentari, un indice di aderenza alle raccomandazioni nutrizionali, sono state valutate le loro conoscenze nutrizionali oggettive, in relazione al loro grado percepito di conoscenza nutrizionale. È stato effettuato, inoltre, un confronto con le abitudini alimentari e l’aderenza alle raccomandazioni indicate nelle line guida per una sana alimentazione. Lo scopo di questo studio, infatti, è stato di misurare il livello di conoscenze nutrizionali, utilizzando un approccio innovativo in grado di combinare quelle oggettive e soggettive con i profili dietetici e di profilare anche i segmenti della popolazione più bisognosi di interventi. L’ipotesi avvalorata è che tali conoscenze abbiano un impatto sull'aderenza alle raccomandazioni nutrizionali.

I risultati. Meno della metà dei soggetti studiati (46%) ha fornito risposte corrette, dimostrando di conoscere le tematiche di nutrizione. Il questionario è stato articolato in tre ambiti conoscitivi: le raccomandazioni degli esperti, la composizione degli alimenti e la relazione tra alimentazione e patologie, con il primo che ha ottenuto la percentuale più alta (59%) di risposte corrette.

La maggioranza degli intervistati (66%) ritiene di avere un elevato livello di conoscenza nutrizionale, che, però, solo nel 37% dei casi corrisponde effettivamente al vero.

Il 40% del campione ha mostrato abitudini alimentari congruenti con il grado informativo dimostrato, con la massima aderenza alle raccomandazioni nutrizionali, almeno per alimenti selezionati come frutta, verdura e grassi. Da evidenziare, infine, come la componente  socioeconomica - ad esempio vivere in aree rurali, essere giovani e avere un basso livello di istruzione scolastica - sia risultata un fattore associato a una bassa alfabetizzazione nutrizionale o / e  ad abitudini alimentari malsane.

«La conoscenza nutrizionale ­– dichiara Laura Rossi, nutrizionista e ricercatrice del CREA, coordinatrice dello studio - rappresenta uno strumento fondamentale per valutare il livello di consapevolezza sui temi della nutrizione, soprattutto per i gruppi vulnerabili di popolazione, avvalorando l’ipotesi dell’esistenza di una relazione tra apporto dietetico e conoscenza nutrizionale. Quest’ultima, quindi, può essere funzionale sia alla scelta di un’alimentazione sana e sia alla valutazione dell’aderenza alle linee guida alimentari».

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale  Frontiers in Nutrition ed è disponibile al seguente link.v

L’Italia raggiunge per la prima volta nella storia recente l’autosufficienza nella bilancia alimentare con le esportazioni di cibi e bevande nazionali che hanno superato in valore le importazioni dall’estero, sotto la spinta del cambiamento nei consumi e nel commercio determinati dall’emergenza Covid. E’ quanto emerge dallo studio della Coldiretti presentato nell’area dell’organizzazione al padiglione 6 - Stand B012 del Salone CIBUS  2021 inaugurato con la presenza del presidente nazionale Ettore Prandini. Si tratta della prima edizione del Salone che apre con le esportazioni agroalimentari Made in Italy del primo semestre del 2021 che – sottolinea la Coldiretti – hanno raggiunto il valore record di 24,81 miliardi con un aumento dell’12% rispetto all’anno precedente e lo storico sorpasso sulle importazioni che sono invece ferme nello stesso periodo a 22,95 miliardi, consolidando la svolta in atto nell’anno del Covid, sulla base dei dati Istat. Un cambiamento senza precedenti – precisa la Coldiretti – realizzato sotto la spinta della “fame” di Made in Italy all’estero, nonostante le difficoltà determinate dalle chiusure della ristorazione in tutto il mondo, ma anche dalla scelta patriottica nei consumi degli italiani che hanno privilegiato la qualità dei prodotti nazionali anche per sostenere l’economia ed il lavoro del Paese.

Infatti nelle case degli italiani nell’anno del Covid sono cresciuti del +7,6% gli acquisti di prodotti che – spiega Coldiretti - riportano in etichetta un legame con il Belpaese, come la bandiera tricolore, frasi e parole riferite al Made in Italy oppure una delle indicazioni geografiche europee di origine, come Docg, Dop, Doc, Igp e Igt. La spesa patriottica degli italiani, fra latte, salumi, formaggi, salse, prodotti confezionati, uova, pasta, vino, olio, farine, frutta e verdura Made in Italy, ha raggiunto – evidenzia Coldiretti – un valore di oltre 8,4 miliardi di euro secondo l’Osservatorio Nielsen Immagino.

All’estero le vendite del Made in Italy sono sostenute soprattutto dai prodotti base della dieta mediterranea come il vino, la frutta e verdura, fresca e trasformata, che l’Italia produce in quantità superiori al fabbisogno interno ma non mancano casi eclatanti di successo tra le new entry come il caviale Made in Italy le cui esportazioni sono addirittura triplicate nell’ultimo anno (+187%) anche se a livello nazionale resta da colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti dalla carne al latte, dai cereali fino alle colture proteiche necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti.

In Italia è infatti necessario potenziare la produzione per coprire – spiega la Coldiretti – il deficit del 64% del frumento tenero e del 40% per il frumento duro destinato alla produzione di pasta per il quale si è registrato un calo di autosufficienza in seguito alle massicce importazioni dal Canada. Per quanto riguarda il mais, fondamentale per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, l’Italia – continua la Coldiretti – copre circa la metà (53%) delle proprie necessità. Un trend negativo che riguarda anche la soia – spiega Coldiretti – visto che si produce circa 1/3 (31%) del fabbisogno interno, secondo dati Ismea. In Italia – sottolinea Coldiretti – si munge nelle stalle nazionali il 75% del latte consumato e si produce il 55% del fabbisogno di carne con l’eccezione positiva per la carne di pollo e per le uova per le quali il Paese ha raggiunto l’autosufficienza e non ha bisogno delle importazioni dall’estero.

Con la pandemia da Covid – precisa la Coldiretti – si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazione. Una situazione che ha fatto salire i prezzi dei prodotti alimentari a livello mondiale ai massimi da quasi sette anni trainati dalle quotazioni dei cereali. I timori sugli approvvigionamenti di cibo hanno convinto la stessa Unione Europea a lanciare una consultazione pubblica fra operatori, autorità e cittadini per realizzare un piano finalizzato a conquistare l’autosufficienza in diversi settori chiave. La volatilità dei prezzi infatti non solo penalizza i produttori agricoli, ma mette in difficoltà anche l'industria di trasformazione con l'andamento altalenante delle quotazioni che favorisce anche i fenomeni speculativi a danno dei consumatori e dei produttori.

“Per questo occorre cogliere le opportunità offerte dal Pnrr con la digitalizzazione delle aree rurali, recupero terreni abbandonati, foreste urbane per mitigare l’inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua e produrre energia pulita, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori produttivi deficitari previsti nei progetti strategici elaborati dalla Coldiretti insieme a Filiera Italia per la crescita sostenibile a beneficio del sistema Paese” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia Made in Italy serve però agire anche sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo”. Una mancanza che ogni anno – continua Prandini – rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di Pil per le minori opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci con un aggravio che si attesta sui 13 miliardi all’anno secondo il centro studi Divulga”.

L’emergenza globale provocata dalla pandemia ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza per questo servono sistemi di etichettatura trasparenti sull’origine delle materie prime e che non siano ingannevoli e nello stesso tempo, non possiamo pensare a un modello dove vi sia spazio per l’artificio e i cibi sintetici, dove si assista alla concentrazione eccessiva dei fattori produttivi, dove prevalga l’interesse particolare delle grandi multinazionali che spingono per l’omologazione su un modello in sostanza dove il cibo sia sempre una commodity” conclude Prandini nel sottolineare che invece “con la nostra idea di filiera sostenibile vogliamo affrontare il futuro non solo creando valore economico, ma guardando anche alla sua distribuzione e alla capacità di restituire valori positivi, sotto il profilo ambientale, sociale, territoriale”.

 

"Abbiamo bisogno di una politica europea più forte per la promozione dell'agroalimentare, e capace di rispondere alla battuta di arresto che Covid-19 e Brexit hanno inflitto alle esportazioni delle eccellenze del nostro 'made in Italy' e di tutta l'Unione". Questo il messaggio di Paolo De Castro, membro della commissione Commercio internazionale del Parlamento Ue, che oggi è intervenuto a Bruxelles alla conferenza organizzata dalla Commissione europea in vista della revisione della Politica di promozione, alla presenza del commissario all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski.


Secondo De Castro, infatti "la Politica commerciale dell’Unione ha assunto un ruolo determinante per l’intero comparto agroalimentare, diventando il terzo pilastro della Politica agricola; una storia di incredibile successo per l’Unione e per i nostri produttori di qualità, che rispettano gli standard più elevati a livello globale, in termini di sicurezza alimentare, di sostenibilità dei processi produttivi e di qualità. Ma non vogliamo fermarci: i nostri agricoltori e produttori possono fare un ulteriore salto di qualità, ma solo se adeguatamente incentivati a migliorare questi standard, in linea con il Green Deal europeo".

Per questo, la commissione per il Commercio internazionale del Parlamento europeo, ha spiegato De Castro, "non potrà mai supportare una proposta che indebolisca la Politica di promozione dell'agroalimentare Ue, o che discrimini alcuni settori, quali quello della carne o del vino, ponendoli in una situazione di svantaggio competitivo e rendendo impossibili gli investimenti necessari al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal. Modifiche degli stili di consumo richiedono infatti tempo e un elevato sforzo di educazione alimentare dei nostri cittadini; e la Politica di promozione non può essere lo strumento adatto a perseguire tali obiettivi, trattandosi di una politica commerciale volta a rafforzare la competitività e la resilienza dell’intero settore agricolo e alimentare dell’Unione. Serve quindi - ha proseguito De Castro - una proposta di revisione ambiziosa, che si concentri sui processi produttivi più sostenibili non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello del rispetto dei diritti dei lavoratori".

"Solo seguendo un approccio basato sulla sostenibilità ambientale e l’equità sociale dei processi produttivi - ha concluso l'europarlamentare PD - potremo esportare standard migliori e più ambiziosi a livello globale, rendendo davvero efficace la Food Diplomacy dell’Unione e contribuendo al raggiungimento della Open Strategic Authonomy, che l’Unione si è posta come obiettivo, al fine di influire sempre di più a livello globale, rispecchiando i nostri interessi e valori strategici".

Sono circa ventimila le famiglie povere piegate dall’emergenza Covid che per la settimana di Pasqua e Pasquetta potranno mettere in tavola i migliori prodotti agroalimentari Made in Italy e passare delle feste più serene grazie all’importante operazione di solidarietà del sistema agroalimentare italiano presentata al premier Mario Draghi dal Presidente della Coldiretti, Ettore Prandini e dal Segretario Generale della Coldiretti Vincenzo Gesmundo. L’iniziativa promossa da Coldiretti, Filiera Italia e Campagna Amica con la partecipazione delle più rilevanti realtà economiche e sociali del Paese ha visto la spedizione del primo carico di aiuti alimentari dal cortile di Palazzo Chigi “A sostegno di chi ha più bisogno”.  

Decine di mezzi sono stati organizzati per le consegne lungo tutta la Penisola per procedere poi alla distribuzione a nuclei familiari in stato di bisogno individuati da Coldiretti/Campagna Amica insieme ai servizi sociali dei comuni e alle parrocchie. Ogni famiglia è destinataria di un pacco di oltre 50 chili con prodotti 100% Made in Italy come – spiega Coldiretti – pasta e riso, Parmigiano Reggiano e Grana Padano, biscotti, sughi, salsa di pomodoro, tonno sott’olio, dolci e colombe pasquali, stinchi, cotechini e prosciutti, carne, latte, panna da cucina, zucchero, olio extra vergine di oliva, legumi e formaggi fra caciotte e pecorino.

Un’operazione che – afferma Coldiretti – vuole essere un segnale di speranza per il Paese e per tutti coloro che in questi mesi hanno pagato più di altri le conseguenze economiche e sociali dell’emergenza Covid. Ma anche evidenziare le grandi eccellenze del Paese che hanno contribuito a fare grande il Made in Italy in Italia e all’estero e rappresentano un risorsa determinante da cui ripartire. Un sistema dove lavorano oltre tre milioni gli italiani che – precisa la Coldiretti – continuano a operare nella filiera alimentare, dalle campagne alle industrie fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione. L’approvvigionamento alimentare – sottolinea la Coldiretti – è assicurato in Italia grazie al lavoro di 740mila aziende agricole e stalle, 70mila imprese di lavorazione alimentare e una capillare rete di distribuzione con 230mila punti vendita tra negozi, supermercati, discount e mercati contadini di Campagna Amica che non hanno mai dimenticato la solidarietà.

Nel 2020 – continua la Coldiretti – sono stati oltre 5,5 milioni i chili di prodotti tipici Made in Italy, a chilometro zero e di altissima qualità, distribuiti dagli agricoltori di Campagna Amica per garantire un pasto di qualità ai più bisognosi. Un impegno reso possibile dalla partecipazione volontaria dei cittadini al programma della “Spesa sospesa” nei mercati di Campagna Amica e dal contributo determinante del management dei Consorzi Agrari D’Italia (Cai) e della Coldiretti che ha deciso di rinunciare a propri compensi straordinari. Non si tratta di un aiuto risolutivo ma – sottolinea la Coldiretti – è un segno per chi ha bisogno e una sollecitazione a tutti coloro che possono, perché facciano altrettanto.

“Abbiamo voluto dare un segno tangibile della solidarietà della filiera agroalimentare italiana verso le fasce più deboli della popolazione più colpite dalle difficoltà economiche”, ha spiegato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “il nostro obiettivo è far sì che questa esperienza diventi un impegno strutturale che aggiunge valore etico alla spesa quotidiana degli italiani”.

L’iniziativa di Pasqua è stata resa possibile dalla partecipazione di: Conad, Bonifiche Ferraresi, Philip Morris, Eni, Snam, Intesa San Paolo, Generali, De Cecco, Cattolica Assicurazioni Grana Padano, Barilla, Enel,, Confapi, Fondazione Tim, Inalca, De Rica, Pomì, Casillo Group, Mutti, Banca Monte dei Paschi di Siena, Granarolo, Coprob, Virgilio, Parmigiano Reggiano, Casa Modena, Ismea, Fondazione Osservatorio Agromafie, Crea.



Rendere la produzione agricola resiliente e sempre più sostenibile, individuando futuri scenari di consumo alimentare in grado di assicurare l’adeguatezza nutrizionale nelle varie fasi della vita. Questo è l’obiettivo del progetto NutriSUSFood - Nutritional security for healthy and SUStainable food consumption (Sicurezza nutrizionale per un consumo sano e sostenibile), coordinato dal Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione del CREA, in collaborazione con i Centri di ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali, Genomica e Bioinformatica e Politiche e Bioeconomia del CREA. 

Il progetto, di durata triennale, si propone di promuovere nuovi modelli di consumo alimentare bilanciati e a basso impatto ambientale, assicurando in questo modo la sicurezza nutrizionale delle popolazioni. Grazie all’approccio multidisciplinare e integrato, verrà infatti analizzato il diverso impatto dei cambiamenti climatici sulle proprietà nutrizionali degli alimenti, proponendo e valutando strategie adattative per contrastarne gli effetti, con l’intento di garantire un futuro più inclusivo, sostenibile, sano e sicuro per tutti.   

Nel dettaglio, il CREA Alimenti e Nutrizione, per alcune tipologie di alimenti vegetali, in particolare i legumi, esaminerà la composizione nutrizionale, la funzionalità e la digeribilità delle proteine. L’obiettivo è duplice: sia indicare metodi in grado di resistere allo stress biotico e abiotico sia migliorare geneticamente la qualità nutrizionale, riducendo i fattori anti nutrizionali. I ricercatori del CREA, identificheranno inoltre, per gruppi di popolazione che risultano vulnerabili alle carenze nutrizionali, un modello di consumo alimentare contenente gli alimenti con maggiore qualità nutrizionale. In questo modo sarà possibile garantire la completa copertura dei fabbisogni nutrizionali e il raggiungimento di uno stato di salute ottimale, tutelando al tempo stesso il pianeta. 

NutriSUSFood, finanziato dal Mipaaf nell’ambito del finanziamento europeo JPI-HDHL, afferisce al “Knowledge Hub” Europeo SYSTEMIC, ovvero ad un partenariato internazionale di 42 gruppi di ricerca provenienti da otto paesi europei (Italia, Belgio, Francia, Norvegia, Portogallo, Spagna, Lettonia, Germania) creato con lo scopo di instaurare una rete per migliorare la comprensione della sicurezza alimentare e nutrizionale in un ambiente in continuo cambiamento.   

“Un nuovo cavallo di Troia chiamato ‘Nutri-score’ è alle nostre porte: non possiamo permettere che alcune multinazionali decidano sulle nostre abitudini alimentari mettendo la nostra salute nelle loro mani. E l’Europa non può diventare vittima degli interessi di pochi. Per questo invitiamo la Commissione a proporre al più presto un sistema di etichettatura armonizzato, non discriminatorio e basato su solide basi scientifiche”. Così Paolo De Castro, europarlamentare PD, in una lettera aperta sui sistemi di etichettatura nutrizionale fronte-pacco, sottoscritta da altri cinque deputati di differenti gruppi politici, provenienti da Romania, Ungheria, Cipro, Repubblica Ceca e Grecia.

 

“Azioni non coordinate verso obiettivi cruciali, quali sicurezza alimentare, trasparenza e protezione dei consumatori – spiega De Castro nella lettera - hanno portato alla diffusione di sistemi di etichettatura nutrizionale fronte-pacco, che rischiano di mettere a repentaglio la salute dei cittadini, spazzando via anche migliaia di aziende agro-alimentari. Certo, non sorprende che multinazionali e catene della grande distribuzione siano favorevoli all’introduzione obbligatoria del Nutri-score che, attraverso colori differenti e valutazioni eccessivamente semplicistiche, vuole dettare ciò che è buono da mangiare e ciò che non lo è”.

 

“Ma se è vero che attraverso la strategia ‘Farm to Fork’ l'Europa intenda responsabilizzare i consumatori a fare scelte informate, sane e sostenibili, per una dieta varia ed equilibrata – aggiunge l’europarlamentare PD - qualcuno dovrebbe spiegare ai cittadini europei come è possibile che il miele, il succo d'arancia, l’olio extravergine d'oliva o i formaggi Comté e Parmigiano Reggiano siano contrassegnati come ‘rossi’, cioè pericolosi per la salute, mentre le patatine fritte, le bibite gasate light, la pizza surgelata ‘bolognaise’, le chips confezionate o le celebri bevande energetiche vengano etichettate come ‘verdi’ e salutari”.

 

“C’è qualcosa di sbagliato in questo sistema, ma anche di estremamente pericoloso – conclude De Castro - Infatti, i sistemi di etichettatura nutrizionale dovrebbero aiutare i consumatori a fare scelte più informate e corrette, contrastando le malattie legate all'alimentazione. Tuttavia, questo non è l'obiettivo del Nutri-Score che, al contrario, può fuorviare i cittadini condizionando le loro scelte con una valutazione generica, che non fornisce alcuna informazione esaustiva e specifica sui nutrienti, basata sulle assunzioni di riferimento del consumatore medio. Noi siamo al fianco dei nostri agricoltori e piccoli produttori, che hanno già manifestato le loro preoccupazioni verso un sistema di etichettatura che discrimina arbitrariamente prodotti di altissima qualità, spesso appartenenti al patrimonio culturale e gastronomico italiano ed europeo”.

meteo

 

PIANETA TERRA
mediapresstv
Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere aggiornamenti e novità