Microortaggi di specie oleaginose: una promettente fonte di acidi grassi essenziali

SCIENZA
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I microortaggi di soia, chia, colza, girasole e lino contengono acidi grassi essenziali di tipo omega-6 (in particolare l’acido linoleico) e omega-3 (soprattutto l’acido alfa-linolenico). È quanto emerge dai risultati di una ricerca condotta dall’Università di Bari. 

Microortaggi di chia, colza e girasole.

Nell’arco di circa tre decenni, i microortaggi, plantule raccolte pochi giorni dopo la germinazione e ottenute da semi di piante edibili normalmente consumate nella forma matura, hanno fatto molta strada in termini di importanza per la gastronomia e la nutrizione umana.

Da semplici curiosità culinarie, proposte alla fine degli anni Ottanta da chef californiani per guarnire ed abbellire i loro piatti, essi sono infatti diventati oggetto di crescente interesse per la capacità di fornire composti benefici per l’uomo, come vitamine, carotenoidi, fenoli, glucosinolati, spesso presenti in quantità superiori a quelle dei corrispondenti prodotti maturi. In virtù di ciò, nonché della possibilità di essere cresciuti in spazi ristretti e raccolti in tempi relativamente brevi, ne è stata ipotizzata anche la coltivazione in stazioni orbitanti o colonie spaziali, al fine di contribuire ad una sana alimentazione degli astronauti con prodotti naturali vegetali.

 

Microortaggi di lino e soia.

In un recente studio, pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Agricultural and Food Chemistry dell’American Chemical Society, due gruppi di ricerca afferenti ai dipartimenti di Chimica e Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro hanno aperto un possibile nuovo fronte di interesse in questo contesto. Infatti, i ricercatori hanno preso in esame i microortaggi di soia, chia, lino, girasole e colza, piante di cui vengono sfruttati a scopo alimentare prevalentemente i semi, o tal quali o per estrarne olii. Lo studio ha analizzato la componente lipidica dei cinque tipi di microortaggio, in particolare i glicerofosfolipidi, costituenti fondamentali delle membrane biologiche, caratterizzati dalla presenza nella loro struttura di un’unità di glicerolo legata ad un gruppo polare e a due acidi grassi a lunga catena. Avvalendosi di un metodo di analisi avanzato, basato sull’accoppiamento fra la cromatografia liquida ad interazione idrofila e la spettrometria di massa in trasformata di Fourier (HILIC-FTMS), i ricercatori hanno riconosciuto nelle cinque tipologie di microortaggio circa 60 diversi glicerofosfolipidi nella loro forma intatta, suddivisi in quattro classi principali, in base alla natura del gruppo polare: fosfatidil-coline (PC), -etanolammine (PE), -gliceroli (PG), -inositoli (PI).

 

Attraverso la quantificazione è stato possibile evidenziare un contenuto rilevante (fino a 500-600 mg totali per 100 g di microortaggio liofilizzato) di tali composti soprattutto nei microortaggi di chia, lino e colza. Inoltre, nei cinque microortaggi è stata osservata una specifica distribuzione quantitativa delle quattro classi di composti.

 Distribuzione percentuale delle concentrazioni delle quattro principali classi di glicerofosfolipidi individuate nei microortaggi di piante oleaginose: fosfatidil-coline (PC), -etanolammine (PE), -gliceroli (PG) e -inositoli (PI).

 

Lo studio delle strutture dei glicerofosfolipidi ha messo in luce la frequente presenza in esse di acidi grassi essenziali di tipo omega-6, in particolare l’acido linoleico, e omega-3, soprattutto l’acido alfa-linolenico. Il confronto con studi precedenti, dedicati al profilo lipidico dei semi delle cinque piante in esame, ha evidenziato la tendenza all’aumento della quantità di acido alfa-linolenico nei microortaggi rispetto ai semi. L’effetto è risultato particolarmente evidente nella micro chia, in cui è stato stimato un quantitativo di circa 160 mg di acido alfa-linolenico per 100 g di prodotto liofilizzato, una quantità non trascurabile rispetto al fabbisogno giornaliero umano di tale composto, stimato fra 1 e 2 g.

Lo studio apre nuove stimolanti prospettive nel già vivace contesto di ricerca sui microortaggi, suggerendo la possibilità di considerare quelli ottenuti da piante oleaginose come fonti aggiuntive di acidi grassi essenziali nella dieta quotidiana, un aspetto che potrebbe rivelarsi particolarmente interessante nell’ambito di diete di tipo vegetariano o vegano.

 

 

Riferimento bibliografico:

Castellaneta A., Losito I., Leoni B., Santamaria P., Calvano C.D., Cataldi T.R.I., 2022. Glycerophospholipidomics of five edible oleaginous microgreens. Journal of Agricultural and Food Chemistry, , https://doi.org/10.1021/acs.jafc.1c07754.

 

Contatti:

 

Tommaso Cataldi (tommaso.cataldi@uniba.it)

Ilario Losito (ilario.losito@uniba.it)

Dipartimento di Chimica

Università degli Studi di Bari Aldo Moro

 

Pietro Santamaria (pietro.santamaria@uniba.it)

Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali

Università degli Studi di Bari Aldo Morov

I microortaggi di soia, chia, colza, girasole e lino contengono acidi grassi essenziali di tipo omega-6 (in particolare l’acido linoleico) e omega-3 (soprattutto l’acido alfa-linolenico). È quanto emerge dai risultati di una ricerca condotta dall’Università di Bari. 

Microortaggi di chia, colza e girasole.

Nell’arco di circa tre decenni, i microortaggi, plantule raccolte pochi giorni dopo la germinazione e ottenute da semi di piante edibili normalmente consumate nella forma matura, hanno fatto molta strada in termini di importanza per la gastronomia e la nutrizione umana.

Da semplici curiosità culinarie, proposte alla fine degli anni Ottanta da chef californiani per guarnire ed abbellire i loro piatti, essi sono infatti diventati oggetto di crescente interesse per la capacità di fornire composti benefici per l’uomo, come vitamine, carotenoidi, fenoli, glucosinolati, spesso presenti in quantità superiori a quelle dei corrispondenti prodotti maturi. In virtù di ciò, nonché della possibilità di essere cresciuti in spazi ristretti e raccolti in tempi relativamente brevi, ne è stata ipotizzata anche la coltivazione in stazioni orbitanti o colonie spaziali, al fine di contribuire ad una sana alimentazione degli astronauti con prodotti naturali vegetali.

 

Microortaggi di lino e soia.

In un recente studio, pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Agricultural and Food Chemistry dell’American Chemical Society, due gruppi di ricerca afferenti ai dipartimenti di Chimica e Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro hanno aperto un possibile nuovo fronte di interesse in questo contesto. Infatti, i ricercatori hanno preso in esame i microortaggi di soia, chia, lino, girasole e colza, piante di cui vengono sfruttati a scopo alimentare prevalentemente i semi, o tal quali o per estrarne olii. Lo studio ha analizzato la componente lipidica dei cinque tipi di microortaggio, in particolare i glicerofosfolipidi, costituenti fondamentali delle membrane biologiche, caratterizzati dalla presenza nella loro struttura di un’unità di glicerolo legata ad un gruppo polare e a due acidi grassi a lunga catena. Avvalendosi di un metodo di analisi avanzato, basato sull’accoppiamento fra la cromatografia liquida ad interazione idrofila e la spettrometria di massa in trasformata di Fourier (HILIC-FTMS), i ricercatori hanno riconosciuto nelle cinque tipologie di microortaggio circa 60 diversi glicerofosfolipidi nella loro forma intatta, suddivisi in quattro classi principali, in base alla natura del gruppo polare: fosfatidil-coline (PC), -etanolammine (PE), -gliceroli (PG), -inositoli (PI).

 

Attraverso la quantificazione è stato possibile evidenziare un contenuto rilevante (fino a 500-600 mg totali per 100 g di microortaggio liofilizzato) di tali composti soprattutto nei microortaggi di chia, lino e colza. Inoltre, nei cinque microortaggi è stata osservata una specifica distribuzione quantitativa delle quattro classi di composti.

 Distribuzione percentuale delle concentrazioni delle quattro principali classi di glicerofosfolipidi individuate nei microortaggi di piante oleaginose: fosfatidil-coline (PC), -etanolammine (PE), -gliceroli (PG) e -inositoli (PI).

 

Lo studio delle strutture dei glicerofosfolipidi ha messo in luce la frequente presenza in esse di acidi grassi essenziali di tipo omega-6, in particolare l’acido linoleico, e omega-3, soprattutto l’acido alfa-linolenico. Il confronto con studi precedenti, dedicati al profilo lipidico dei semi delle cinque piante in esame, ha evidenziato la tendenza all’aumento della quantità di acido alfa-linolenico nei microortaggi rispetto ai semi. L’effetto è risultato particolarmente evidente nella micro chia, in cui è stato stimato un quantitativo di circa 160 mg di acido alfa-linolenico per 100 g di prodotto liofilizzato, una quantità non trascurabile rispetto al fabbisogno giornaliero umano di tale composto, stimato fra 1 e 2 g.

Lo studio apre nuove stimolanti prospettive nel già vivace contesto di ricerca sui microortaggi, suggerendo la possibilità di considerare quelli ottenuti da piante oleaginose come fonti aggiuntive di acidi grassi essenziali nella dieta quotidiana, un aspetto che potrebbe rivelarsi particolarmente interessante nell’ambito di diete di tipo vegetariano o vegano.

 

 

Riferimento bibliografico:

Castellaneta A., Losito I., Leoni B., Santamaria P., Calvano C.D., Cataldi T.R.I., 2022. Glycerophospholipidomics of five edible oleaginous microgreens. Journal of Agricultural and Food Chemistry, , https://doi.org/10.1021/acs.jafc.1c07754.

 

Contatti:

 

Tommaso Cataldi (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

Ilario Losito (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

Dipartimento di Chimica

Università degli Studi di Bari Aldo Moro

 

Pietro Santamaria (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali

Università degli Studi di Bari Aldo Morov